domenica 27 dicembre 2020

EMOZIONI AL SORGERE DEL SOLE


 

            

- Emozioni al sorgere del sole -

Ho la fortuna di abitare in un piccolo Borgo del Salento (Borgagne) dove, a pochi chilometri, posso ogni giorno godere di una sempre diversa magia.

Mi rimane difficile immaginare come sarebbero le mie mattine senza quella tavolozza di colori che mi si presenta davanti all’alba nel porticciolo di Torre Sant’Andrea.

Il paesaggio del porticciolo racconta con le sue grotte la sua storia. L'alga quasi perenne, lo scoglio della “Punta Grande”, il “Tafaluro”,”Il giardinetto”, gli alberi di pitosforo, la silhouette della collina a sinistra su cui sorge il Faro con quella della collina di destra con le sue grotte, le canne, i cespugli di mirto e gli alberi di fico e di “mbruficu” , fanno da cornice rendendolo un posto unico.

Il primo sole veste di luce l’insenatura e illumina come diamanti le facciate delle grotte scavate nell’arenaria dai pescatori, come fa ormai da secoli, nel suo ciclo eterno.

Il punto di alzata del sole in estate si sposta a nord dietro le montagne dell’Albania, ma è nel periodo invernale che l'alba si presenta con maggior bellezza, quando la luce spunta dalla silhouette delle montagne dietro il porto di Valona oltre l'azzurro cangiante dell'Adriatico.

Così, mi ritrovo puntualmente catapultato in una dimensione onirica, per assistere allo spettacolo miracoloso dell'alba, con i suoi intrecci, i suoi meravigliosi colori ora blu, ora rosso-arancio e poi giallo oro, che sembrano dosati dal Divino per ottenere altri colori sempre più belli per non finire mai di stupire, sono sensazioni forti che tutti dovremmo cercare di catturare.

Troppo spesso sento dire frasi tipo: “nel posto in cui abito o nel mio paese non succede mai niente!” Non c'è nulla di più sbagliato!

Per godere del passaggio dal buio notturno alle prime luci del giorno, dove gli occhi rimangono estasiati dalla luce, occorre però qualche piccolo sacrificio e in primis quello di riacquistare la capacità di "sapersi emozionare" da quello che ci succede intorno.

L’alba è un semplice e grande spettacolo della Natura, un regalo ogni giorno diverso per tutti noi, ma bisogna avere occhi e cuore pronti per goderselo appieno.

Infatti, bastano pochi minuti di predisposizione con lo spirito, quello ormai divenuto raro nelle grandi città, per farci riscoprire emozioni uniche come: l’odore penetrante delle alghe che macerano, i colori del mare, i suoni delle onde che s’infrangono sulla battigia, la luce che sconfigge il buio della notte prima del sorgere del sole, i riflessi sul mare particolari che stupiscono i sensi e gli occhi, per  essere coinvolti in un'esperienza indimenticabile.

Intanto l’alba corre e colora di rosso le collinette in cui è incastonato come un gioiello il porticciolo di Torre Sant’Andrea, in una emozione crescente che sorprende ogni volta il mio cuore che, alla vista di uno spettacolo immenso e ricco di sfumature come un costoso quadro d’autore, si chiede: “esisterà al mondo un posto più bello di questo?”

Credo proprio di si, nel mio girovagare ho potuto assistere ad albe bellissime e godere, in luoghi diversi, di sensazioni che mai dimenticherò, ma le albe a Torre Sant’Andrea sono veramente speciali, perché hanno il potere rapire la mente, lo sguardo e il cuore di chi come me, cacciatore di albe, ha la fortuna di viverle anche una sola volta nella vita.

(Raccolta i miei Quadriversi  febbraio 2024)



mercoledì 23 dicembre 2020

NATALE 2020 OGGETTI SMARRITI

 



Natale 2020 -“OGGETTI SMARRITI”

 

In questo tempo che sa di espiazione

per aver noi smarrito la santa ragione,

in tutte le case reclusi ora siamo

a meditare sugli errori commessi dal genere umano. 

Con le paure celate sul viso,

da maschere mute e senza sorriso,

fra lacrime amare e mille incertezze

viviamo smarriti, in attesa di ritrovare

i nostri abbracci, baci e carezze. 

Sia per tutti noi un momento di riflessione

per mettere ordine alla confusione

e ritrovare i valori più veri della tradizione

smarriti inseguendo un mondo fatto di mera illusione.

Un augurio speciale a chi combatte e a chi spera

 su un letto o in corsia da mattina a sera.

Questo periodo che passi presto

torni la salute per tutti…e poi tutto il resto.

Con la speranza, la pace e l’amore

che ci ha insegnato nostro Signore,

per questo “diverso” Santo Natale

auguro a tutti di ritrovare

 la gioia smarrita e la serenità nel cuore.

 

BUON NATALE A TUTTI!!!

(Giuseppe Russo – 12/2020)

venerdì 18 dicembre 2020

FILASTROCCA DELL'INVERNO





(Filastrocca per bambini)

L’INVERNO


Il pettirosso a dicembre saltella in giardino

ad annuciar che l’inverno è vicino.

  Scende la neve dal monte al paesino

a rallegrar il cuor del piccino. 

Dormon le gemme dei nuovi germogli

sotto la neve e sui rami spogli.

Gennaio è il mese più freddo che c’è

e fa tremare il povero e il re.

Febbraio in maschera porta allegria

e il freddo d’inverno si porta via.





lunedì 14 dicembre 2020

PRIMAVERA

 

 

Primavera 

Si scioglie la neve col  primo sole

 nel cielo le rondini e sui prati le viole.

Il giardino si veste di mille colori

rigoglioso di gemme, di rose e di fiori.

Nell’àere si senton garriti gioiosi

di abili rondini in voli radenti,

tra i rami del melo frulli di voli

e passeri allegri in cerca d’amori.

Api e farfalle di fiore in fiore

alla ricerca del dolce sapore

e tra i fitti cespugli dall'alba alla sera

cinguetta gioiosa la capinera

annunciando l’arrivo della primavera.






 

sabato 12 dicembre 2020

AUTUNNO

 




AUTUNNO

Già si veste d’autunno

il giardino in ottobre

e di rosso e di giallo tutto si accende

le foglie sui rami treman al vento

e cadendo ruban le ombre dai muri

tra i rami spogli stormi di uccelli

a nutrirsi pel viaggio

degli ultimi frutti.

giovedì 10 dicembre 2020

NUVOLE AL TRAMONTO

 




Nuvole al tramonto

Dall’alto, come nuvola al tramonto, 

osservo il paradiso in cui sono nato e cresciuto

e in esso mi perdo 

in cerca dei luoghi ai confini della mia fanciullezza,

in cerca dei cuori in cui protetto ho vissuto gli anni più belli,

in cerca degli occhi che ho amato e che mi hanno amato,

in cerca dei volti che mi hanno regalato la felicità,

in cerca delle mani che hanno asciugato le mie lacrime,

in cerca dei rifugi dove ho trascorso il tempo a lenire le doglie,

in cerca degli amori inconfessati 

che hanno fermato i battiti tumultuosi del mio giovane cuore,

in cerca dei nascondigli in cui ho riparato 

i semi dell'amore  e della speranza,

in cerca dei cassetti in cui ho riposto

 i sogni e i desideri mancati.

 Ritrovo così, 

tra la bellezza dei  luoghi e i colori del  mio mare,

la mia vita

 che  veloce scorre  

come i granelli di sabbia stretti tra le dita.

 

(Raccolta i miei Quadriversi  dicembre 2020)

domenica 6 dicembre 2020

IL TEMPO...

 



Si può trovare il tempo…


tra un attimo e l’altro,

tra  lo spazio delle lancette di un orologio,

 tra il buio della notte e la luce del giorno

tra le ombre corte a mezzogiorno,

tra le ombre lunghe al tramonto,

sulla panchina vuota di una piazza vuota,

tra una carezza e l’altra,

 tra un compleanno e l’altro di un bimbo, 

tra quelli di un vecchio che invecchia,

aspettando il tempo,

 dando tempo al tempo

perdendosi nel tempo,

inseguendo il tempo,

nella luce di un lampo,

tra due battiti del cuore

tra due battiti d’ali,

nel silenzio del silenzio,

 tra un respiro e l’altro,

vivendo, pregando, amando

 e, in tutti i posti dove abita il tempo.

   Ma, se vuoi veramente bene a qualcuno,

 lo trovi anche là,

dove manca il tempo.



sabato 5 dicembre 2020

TRAMONTI

 







E quando il giorno volge al termine

 e le mie membra stanche anelano ristoro, 

costante il mio pensiero

 si fa interprete nostalgico di desideri e sogni

 che tali sono rimasti nell’ inseguire il tempo 

che inarrestabile fugge al pari delle ore del giorno, 

portando con sé gli anni più belli della mia vita che oggi,

 come la parabola di un dardo scagliato al cielo, 

è ormai in caduta libera verso la nuova dimensione.





 

giovedì 3 dicembre 2020

RADICI



Radici

Salento le mie radici...

Le mie radici sono qui, nel Salento...

tra i vicoli disabitati di Borgagne, dove le facciate delle case,

le finestre e le porte erose dal tempo, raccontano storie di vita meravigliose;

tra l’odore e la luce accecante della calce vergine stratificata sulle facciate delle vecchie case;

tra la gente seduta fuori dalle case nelle sere afose d’estate e i racconti che si perdono nella notte dei tempi;

tra le distese di ulivi “patriarchi” che si perdono a vista d’occhio fino al limitare del mare;

tra le pietre dei muretti a secco, dei “furnieddhri “e delle "lamie" solitarie;

tra i solchi polverosi delle"carrare”scolpite dalle ruote di "traìni "carichi di sofferenza;

nella notte che si trasforma in aurora del nuovo giorno a Torre Sant’Andrea;

nella luce del sole che lì sorge lento dietro i monti albanesi per regalarci il nuovo giorno;

tra l’azzurro del mare nascosto all’improvviso dalla “lupa” inattesa;

nel vento gelido dei giorni di tramontana che sferza e scolpisce le spiagge e le scogliere di arenaria;

nel caldo del vento di scirocco che porta con la pioggia la sabbia gialla del deserto e la nuova vita;

nel vento costante di fine settembre che porta con sé i ricordi e gli amori “concepiti “ dall’estate;

tra i rossi e i gialli inimitabili che vestono le vigne in autunno;

nelle sfumature del rosso con il quale il sole dipinge e infuoca in settembre i cieli salentini al tramonto;

tra i colori del cielo e le nuvole bianche e vagabonde della primavera;

nell’argento cangiante delle chiome ondeggianti degli ulivi carezzate dal vento;

nel caldo colore che accende di meraviglia la pietra leccese al tramonto;

tra i ricami, i volti di puttini, i grappoli d’uva, le teste di leoni, le colombe e i mascheroni scolpiti ovunque da inimitabili maestri scalpellini senza neanche un nome, che rendono ricchi e unici i balconi, le facciate delle case e quelle delle tante chiese;

tra i vecchi vicoli dei tanti borghi antichi, dove si respira ancora aria di pace per l’anima;

tra la storia e le luci riflesse nel mare calmo del porto di Otranto;

tra le lampare accese sul mare quieto di Gallipoli;

nelle musiche antiche sopravvissute al tempo per far ballare il mondo;

tra la terra arsa spaccata dal sole e dal vento, come le mani dei contadini, che ingorda, ingurgita l’acqua piovana nel tempo di un lampo;

tra i boschi di leccio e la macchia mediterranea che muta cresce nel silenzio dei giorni, in cui puoi anche perderti per scoprire che non c’è posto più bello per perdersi...

Come non amarti terra mia! 




lunedì 30 novembre 2020

"LO SCAZZAMURIEDDHRU DELLA MASSERIA “ LA PAJARA”




"LO SCAZZAMURIEDDHRU DELLA MASSERIA “ LA PAJARA”

 

Negli anni dal 1915 al 1921, il mio bisnonno materno Carrozzo Giuseppe detto “Peppu” e la bisnonna Giannuzzi Lucia presero in gestione una masseria nei pressi di Borgagne denominata “La Pajara”.

Il mio bisnonno era persona religiosa, credente, praticante e colta per l’epoca, infatti, come pochi allora, sapeva leggere e scrivere correttamente e dedicava molto del suo tempo libero per insegnare ai ragazzi di Borgagne a leggere e scrivere oltre ad insegnare loro l’educazione e le cosiddette “Cose di Dio”.

La mia bisnonna Lucia, persona distinta, buona d’animo, dolce e priva di malizia, svolgeva con impegno e dedizione il ruolo di mamma e i mestieri di casalinga. 

Apprensiva verso i tre figli trascorreva gran parte della giornata preparando abbondanti pietanze per i membri della sua famiglia, per i lavoranti, per gli ospiti occasionali e per i ragazzini provenienti dalle famiglie più povere del paese.

Per le sue doti umanitarie e altruistiche bisnonno Peppu la chiamava scherzosamente e amorevolmente “Peppaciotta”.

Nel 1918 bisnonno Peppu fu chiamato alle armi e dovette lasciare la moglie e i suoi tre figli per andare in guerra, affidando tutte le responsabilità familiari e la conduzione della masseria a bisnonna Lucia e al fratello minore.

Nella parte superiore della masseria, raggiungibile attraverso una scala laterale, conviveva una famiglia di Calimera con tanti figli alla quale erano affidate le incombenze giornaliere della gestione, quali la coltivazione dei terreni, il pascolo e la mungitura degli armenti, la pulizia delle stalle, la preparazione del fieno per i cavalli ecc.ecc.

A bisnonna Lucia, spettava anche il compito di provvedere alla trasformazione del latte prodotto in formaggio e derivati.

La bisnonna, con le lacrime agli occhi, raccontava a mia madre bambina, che in una delle tante fredde serate invernali si recò, come faceva di solito, nella stanza a pianoterra dove provvedeva alla trasformazione del latte. Mentre era intenta a riempire le “fische” di vimini con il latte cagliato, si accorse che la luce prodotta dal petrolio, posta alle sue spalle, cambiava di intensità.

Giratasi di scatto vide un piccolo ometto con un cappello a punta e delle grandi orecchie, la testa pelosa e i piedi scalzi che armeggiava vicino alla lampada a petrolio.

La bisnonna Lucia rimase immobile e spaventata tanto da sentirsi pietrificata.

L’ometto dispettoso spense la lampada e al buio della stanza cominciò a battere forte le mani e a ridere a crepapelle.

La bisnonna Lucia senti le gambe che non la reggevano e, per lo spavento, si accasciò per terra.

Dopo qualche minuto si riprese dallo spavento e iniziò ad urlare chiedendo aiuto.

Udite le urla, giunsero in suo aiuto le persone che occupavano il piano superiore e mentre entravano nella stanza dove la bisnonna Lucia piangeva, seduta per terra in un angolo, udirono distintamente le porte sbattere più volte seguite da un verso simile ad una risata stridula e ghignosa.

Ultimate in fretta le attività di trasformazione del latte, con l’aiuto di tutti, bisnonna Lucia e gli intervenuti, spaventati dall’accaduto, si ritirarono nelle proprie dimore.

Il mattino, di buonora, il figlio maggiore della famiglia calimerese Brizio, si recò nella stalla per la pulizia e il governo dei due cavalli murgesi, la mula Rosina e le due mucche, come faceva di consueto.

Giunto davanti al portone fece per entrare ma si accorse che mancava la grande chiave e che il buco della serratura era ostruito con un ramo d’ulivo.

Liberata la serratura dal ramo, a Brizio non fu comunque possibile accedere nella stalla perché la chiave, nonostante le accurate ricerche, non venne mai trovata.

Brizio, stupito e impaurito per la sorte degli animali si recò trafelato da bisnonna Lucia alla quale raccontò quanto era successo.

Presi dallo sconforto, anche per quanto era accaduto nella sera precedente, chiamarono le altre persone presenti nella masseria e, armati di forche, zappe e bastoni, si recarono di buon passo verso la stalla.

Ivi giunti, forzarono la serratura con l’aiuto di una lama di ferro e un grosso martello e si precipitarono tutti all’interno della stalla dove stranamente regnava il silenzio.

Lo stupore prese il sopravvento davanti all’inspiegabile, i due cavalli murgesi avevano il manto lucido più del solito, quasi abbagliante e le loro criniere e le code erano formate da decine e decine di trecce fatte con pochi peli a loro volta riunite di una struttura particolare che aveva del prodigioso.

La voce dei fatti accaduti si sparse ben presto e dal vicino paese giunsero nella masseria tantissime persone curiose.

Per giorni e giorni i fatti narrati, furono oggetto di discussione in tutte le case fino a giungere alle orecchie del parroco del paese che, su invito della bisnonna Lucia, si recò presso la masseria, dove impartì varie benedizioni alle persone, ai locali e agli animali.

Alla bisnonna Lucia consegnò anche alcuni santini da apporre sulle pareti della stalla a protezione degli animali.

Al rientro dalla guerra bisnonno Peppu, venne informato dell’accaduto, ma come tanti altri pensò ad uno scherzo di qualche buontempone o qualche “nemico” che voleva per sé la masseria, ormai ben avviata.

Passarono dei mesi nei quali la vita nella masseria, anche per la presenza di bisnonno Peppu, aveva ripreso nuovo vigore e tutto sembrava scorrere nella normalità, finché una notte d’estate afosa e appiccicosa, il bisnonno Peppu non potendo dormire, si sedette sulla soglia della casa per giovarsi della frescura notturna.

Tra un rosario e una preghiera di ringraziamento per la sorte favorevole e per il ritorno incolume in seno alla famiglia dalla grande guerra,  aiutato dal chiarore della luna, si accorse che tra i fiori vicino il pozzo si nascondeva qualcosa.

Incuriosito e memore dei racconti ebbe un sussulto che lo spinse ad alzarsi in piedi e avviarsi a passo veloce verso il pozzo dove fece un sopralluogo senza notare nulla di strano.

Ritornato sull’uscio dopo poco rientrò in casa con il desiderio di dormire per qualche ora, ma il suo pensiero ritornava sempre a quanto aveva visto vicino al pozzo e non riusciva a prendere sonno.

Dopo qualche minuto si alzò dal letto, senza far rumore, e ritornò sull’uscio dove riprese a pregare.

Giunta l’alba, come accadeva tutti i giorni, si recò insieme a Brizio nelle stalle per il governo dei cavalli, della mula e per mungere le mucche.

Arrivati davanti al portone Brizio si bloccò, e girandosi verso bisnonno disse: Ecculu ntorna! é turnatu lu scazzamurieddhru dispettusu!

Bisnonno Peppu pensò subito a quanto aveva visto nella notte vicino al pozzo e fu preso dallo sconforto.

Aperto il portone notarono che l’entrata era ostruita dalla presenza di numerose balle di paglia poste in senso longitudinale.

Bisnonno Peppu, iniziò a sciorinare preghiere e implorazioni a Sant’Anastasio e Sant’Antonio a salvaguardia dell’incolumità dei suoi animali.

Rimosse alcune balle si precipitarono di corsa all’interno della stalla, dove notarono una situazione analoga a quanto era accaduto in precedenza in quella fredda notte d’inverno. Il manto dei cavalli era lucido e splendente,  le criniere e le code erano state incredibilmente intrecciate.

Nella stanza adibita a deposito, dove era stipato il fieno, erano state disposte a piramide alcune balle fino a raggiungere l’altezza di un piccolo lucernario utilizzato, molto probabilmente, dallo scazzamurieddhru per la fuga.

Il giorno dopo fu informato il parroco del paese il quale si recò nuovamente presso la masseria per le benedizioni di rito.

Trascorsero alcuni anni, tra sparizioni di oggetti vario genere e avvistamenti più o meno veritieri.

I fatti accaduti venivano, all’occasione, rievocati per far calmare i capricci dei più piccoli o più semplicemente per mandarli a dormire.

Nel 1921 resasi libera una masseria in agro di Frassanito (Otranto), nei pressi dei Laghi Alimini, bisnonno Peppu la prese a mezzadria e vi si trasferì.

Il giorno del trasferimento, caricate tutte le masserizie sui carri si avviarono verso la masseria di Frassanito.

Strada facendo, arrivati nei pressi della Masseria Specchiulla, bisnonna Lucia rivolta al bisnonno Peppu disse: Peppu! tocca te dicu una cosa, dimme Peppaciotta mia, si cuntenta? Sine, su cuntenta, sulu ca stanotte m’aggiu sunnatu lu scazzamurieddhru.

Bisnonno Peppu per consolarla gli disse: nu te preoccupare ca te giurnu li scazzamurieddrhi nu caminane…ma da sotto le masserizie ammucchiate sul carro, si udii una sarcastica risata e una vocina stridula che ripeteva: “Te la luce me stau riparatu…sutta sutta allu stangatu...ca tra nu picchi, puru gheu alla casa noa su rriatu!!!!!”.

E fu così che il dispettoso scazzamurieddhru si trasferì nella nuova dimora.

 

(Dai racconti di mia madre Briano Eva, nipote prediletta di Nonno Peppu e nonna Lucia.)

(Nella foto i miei bisnonni  Giuseppe e Lucia e i loro tre figli Davide, Adamo e nonna Vittoria)


  Dai commenti ricevuti;

Tasca Carmine ""Ho letto tutto. Storie narrate e ricordate molto bene dalla tua penna. Grazie per avermi fatto sentire il profumo della mia terra e di avermi fatto ricordare di nonno Peppu che andavo a trovare nella sua casa per farmi leggere le gesta  dei "Reali di Francia" o di "Guerrin meschino". Un caro abbraccio ❤😘👍"

domenica 22 novembre 2020

LA TERRA MIA... LU SULE , LU MARE E LU JENTU


 





La terra mia…lu sule, lu mare e lu jentu.

 

Beddrha ose te fazza lu Signore,

diversa e ricca te bellezze rare

e cu te mantieni beddhra sempre chiui,

allu sule cu te bacia ogne matina,

prima te tutte l’auddrhe terre, cumandau.

 

Sull’onde te lu mare scrisse l’armunie chiù belle,

ca 'nterra ogni mumentu poi sintire

addrhu ruscia lu mare e scatta forte

e 'nduce canti e soni te l’oriente.

 

La tramuntana  cuncertau comu strumentu,

  cu  'nde  possa scijare l'anima e lu core,

cu 'nde ssuca l’occhi te le tante lacrime mare

e cu lluntana lu maletiempu e ogne forma te dulore.


Traduzione:

La terra mia…il sole, il mare e il vento.

 

Bella volle farti il Signore,

diversa e ricca di bellezze rare

e per mantenerti bella sempre più,

al sole di baciarti ogni mattina,

prima di tutte le altre terre, comandò.

 

Sulle onde del mare scrisse le armonie più belle,

che a terra ogni momento puoi sentire

dove il mare ruggisce e scatta forte

e porta canti e suoni dall’oriente.

 

Il vento di tramontana concertò come strumento,

 per farci scompigliare l'anima ed  il cuore,

per asciugarci gli occhi dalle tante lacrime amare

e allontanare il maltempo e ogni forma di dolore.