lunedì 30 novembre 2020

"LO SCAZZAMURIEDDHRU DELLA MASSERIA “ LA PAJARA”




"LO SCAZZAMURIEDDHRU DELLA MASSERIA “ LA PAJARA”

 

Negli anni dal 1915 al 1921, il mio bisnonno materno Carrozzo Giuseppe detto “Peppu” e la bisnonna Giannuzzi Lucia presero in gestione una masseria nei pressi di Borgagne denominata “La Pajara”.

Il mio bisnonno era persona religiosa, credente, praticante e colta per l’epoca, infatti, come pochi allora, sapeva leggere e scrivere correttamente e dedicava molto del suo tempo libero per insegnare ai ragazzi di Borgagne a leggere e scrivere oltre ad insegnare loro l’educazione e le cosiddette “Cose di Dio”.

La mia bisnonna Lucia, persona distinta, buona d’animo, dolce e priva di malizia, svolgeva con impegno e dedizione il ruolo di mamma e i mestieri di casalinga. 

Apprensiva verso i tre figli trascorreva gran parte della giornata preparando abbondanti pietanze per i membri della sua famiglia, per i lavoranti, per gli ospiti occasionali e per i ragazzini provenienti dalle famiglie più povere del paese.

Per le sue doti umanitarie e altruistiche bisnonno Peppu la chiamava scherzosamente e amorevolmente “Peppaciotta”.

Nel 1918 bisnonno Peppu fu chiamato alle armi e dovette lasciare la moglie e i suoi tre figli per andare in guerra, affidando tutte le responsabilità familiari e la conduzione della masseria a bisnonna Lucia e al fratello minore.

Nella parte superiore della masseria, raggiungibile attraverso una scala laterale, conviveva una famiglia di Calimera con tanti figli alla quale erano affidate le incombenze giornaliere della gestione, quali la coltivazione dei terreni, il pascolo e la mungitura degli armenti, la pulizia delle stalle, la preparazione del fieno per i cavalli ecc.ecc.

A bisnonna Lucia, spettava anche il compito di provvedere alla trasformazione del latte prodotto in formaggio e derivati.

La bisnonna, con le lacrime agli occhi, raccontava a mia madre bambina, che in una delle tante fredde serate invernali si recò, come faceva di solito, nella stanza a pianoterra dove provvedeva alla trasformazione del latte. Mentre era intenta a riempire le “fische” di vimini con il latte cagliato, si accorse che la luce prodotta dal petrolio, posta alle sue spalle, cambiava di intensità.

Giratasi di scatto vide un piccolo ometto con un cappello a punta e delle grandi orecchie, la testa pelosa e i piedi scalzi che armeggiava vicino alla lampada a petrolio.

La bisnonna Lucia rimase immobile e spaventata tanto da sentirsi pietrificata.

L’ometto dispettoso spense la lampada e al buio della stanza cominciò a battere forte le mani e a ridere a crepapelle.

La bisnonna Lucia senti le gambe che non la reggevano e, per lo spavento, si accasciò per terra.

Dopo qualche minuto si riprese dallo spavento e iniziò ad urlare chiedendo aiuto.

Udite le urla, giunsero in suo aiuto le persone che occupavano il piano superiore e mentre entravano nella stanza dove la bisnonna Lucia piangeva, seduta per terra in un angolo, udirono distintamente le porte sbattere più volte seguite da un verso simile ad una risata stridula e ghignosa.

Ultimate in fretta le attività di trasformazione del latte, con l’aiuto di tutti, bisnonna Lucia e gli intervenuti, spaventati dall’accaduto, si ritirarono nelle proprie dimore.

Il mattino, di buonora, il figlio maggiore della famiglia calimerese Brizio, si recò nella stalla per la pulizia e il governo dei due cavalli murgesi, la mula Rosina e le due mucche, come faceva di consueto.

Giunto davanti al portone fece per entrare ma si accorse che mancava la grande chiave e che il buco della serratura era ostruito con un ramo d’ulivo.

Liberata la serratura dal ramo, a Brizio non fu comunque possibile accedere nella stalla perché la chiave, nonostante le accurate ricerche, non venne mai trovata.

Brizio, stupito e impaurito per la sorte degli animali si recò trafelato da bisnonna Lucia alla quale raccontò quanto era successo.

Presi dallo sconforto, anche per quanto era accaduto nella sera precedente, chiamarono le altre persone presenti nella masseria e, armati di forche, zappe e bastoni, si recarono di buon passo verso la stalla.

Ivi giunti, forzarono la serratura con l’aiuto di una lama di ferro e un grosso martello e si precipitarono tutti all’interno della stalla dove stranamente regnava il silenzio.

Lo stupore prese il sopravvento davanti all’inspiegabile, i due cavalli murgesi avevano il manto lucido più del solito, quasi abbagliante e le loro criniere e le code erano formate da decine e decine di trecce fatte con pochi peli a loro volta riunite di una struttura particolare che aveva del prodigioso.

La voce dei fatti accaduti si sparse ben presto e dal vicino paese giunsero nella masseria tantissime persone curiose.

Per giorni e giorni i fatti narrati, furono oggetto di discussione in tutte le case fino a giungere alle orecchie del parroco del paese che, su invito della bisnonna Lucia, si recò presso la masseria, dove impartì varie benedizioni alle persone, ai locali e agli animali.

Alla bisnonna Lucia consegnò anche alcuni santini da apporre sulle pareti della stalla a protezione degli animali.

Al rientro dalla guerra bisnonno Peppu, venne informato dell’accaduto, ma come tanti altri pensò ad uno scherzo di qualche buontempone o qualche “nemico” che voleva per sé la masseria, ormai ben avviata.

Passarono dei mesi nei quali la vita nella masseria, anche per la presenza di bisnonno Peppu, aveva ripreso nuovo vigore e tutto sembrava scorrere nella normalità, finché una notte d’estate afosa e appiccicosa, il bisnonno Peppu non potendo dormire, si sedette sulla soglia della casa per giovarsi della frescura notturna.

Tra un rosario e una preghiera di ringraziamento per la sorte favorevole e per il ritorno incolume in seno alla famiglia dalla grande guerra,  aiutato dal chiarore della luna, si accorse che tra i fiori vicino il pozzo si nascondeva qualcosa.

Incuriosito e memore dei racconti ebbe un sussulto che lo spinse ad alzarsi in piedi e avviarsi a passo veloce verso il pozzo dove fece un sopralluogo senza notare nulla di strano.

Ritornato sull’uscio dopo poco rientrò in casa con il desiderio di dormire per qualche ora, ma il suo pensiero ritornava sempre a quanto aveva visto vicino al pozzo e non riusciva a prendere sonno.

Dopo qualche minuto si alzò dal letto, senza far rumore, e ritornò sull’uscio dove riprese a pregare.

Giunta l’alba, come accadeva tutti i giorni, si recò insieme a Brizio nelle stalle per il governo dei cavalli, della mula e per mungere le mucche.

Arrivati davanti al portone Brizio si bloccò, e girandosi verso bisnonno disse: Ecculu ntorna! é turnatu lu scazzamurieddhru dispettusu!

Bisnonno Peppu pensò subito a quanto aveva visto nella notte vicino al pozzo e fu preso dallo sconforto.

Aperto il portone notarono che l’entrata era ostruita dalla presenza di numerose balle di paglia poste in senso longitudinale.

Bisnonno Peppu, iniziò a sciorinare preghiere e implorazioni a Sant’Anastasio e Sant’Antonio a salvaguardia dell’incolumità dei suoi animali.

Rimosse alcune balle si precipitarono di corsa all’interno della stalla, dove notarono una situazione analoga a quanto era accaduto in precedenza in quella fredda notte d’inverno. Il manto dei cavalli era lucido e splendente,  le criniere e le code erano state incredibilmente intrecciate.

Nella stanza adibita a deposito, dove era stipato il fieno, erano state disposte a piramide alcune balle fino a raggiungere l’altezza di un piccolo lucernario utilizzato, molto probabilmente, dallo scazzamurieddhru per la fuga.

Il giorno dopo fu informato il parroco del paese il quale si recò nuovamente presso la masseria per le benedizioni di rito.

Trascorsero alcuni anni, tra sparizioni di oggetti vario genere e avvistamenti più o meno veritieri.

I fatti accaduti venivano, all’occasione, rievocati per far calmare i capricci dei più piccoli o più semplicemente per mandarli a dormire.

Nel 1921 resasi libera una masseria in agro di Frassanito (Otranto), nei pressi dei Laghi Alimini, bisnonno Peppu la prese a mezzadria e vi si trasferì.

Il giorno del trasferimento, caricate tutte le masserizie sui carri si avviarono verso la masseria di Frassanito.

Strada facendo, arrivati nei pressi della Masseria Specchiulla, bisnonna Lucia rivolta al bisnonno Peppu disse: Peppu! tocca te dicu una cosa, dimme Peppaciotta mia, si cuntenta? Sine, su cuntenta, sulu ca stanotte m’aggiu sunnatu lu scazzamurieddhru.

Bisnonno Peppu per consolarla gli disse: nu te preoccupare ca te giurnu li scazzamurieddrhi nu caminane…ma da sotto le masserizie ammucchiate sul carro, si udii una sarcastica risata e una vocina stridula che ripeteva: “Te la luce me stau riparatu…sutta sutta allu stangatu...ca tra nu picchi, puru gheu alla casa noa su rriatu!!!!!”.

E fu così che il dispettoso scazzamurieddhru si trasferì nella nuova dimora.

 

(Dai racconti di mia madre Briano Eva, nipote prediletta di Nonno Peppu e nonna Lucia.)

(Nella foto i miei bisnonni  Giuseppe e Lucia e i loro tre figli Davide, Adamo e nonna Vittoria)


  Dai commenti ricevuti;

Tasca Carmine ""Ho letto tutto. Storie narrate e ricordate molto bene dalla tua penna. Grazie per avermi fatto sentire il profumo della mia terra e di avermi fatto ricordare di nonno Peppu che andavo a trovare nella sua casa per farmi leggere le gesta  dei "Reali di Francia" o di "Guerrin meschino". Un caro abbraccio ❤😘👍"

domenica 22 novembre 2020

LA TERRA MIA... LU SULE , LU MARE E LU JENTU


 





La terra mia…lu sule, lu mare e lu jentu.

 

Beddrha ose te fazza lu Signore,

diversa e ricca te bellezze rare

e cu te mantieni beddhra sempre chiui,

allu sule cu te bacia ogne matina,

prima te tutte l’auddrhe terre, cumandau.

 

Sull’onde te lu mare scrisse l’armunie chiù belle,

ca 'nterra ogni mumentu poi sintire

addrhu ruscia lu mare e scatta forte

e 'nduce canti e soni te l’oriente.

 

La tramuntana  cuncertau comu strumentu,

  cu  'nde  possa scijare l'anima e lu core,

cu 'nde ssuca l’occhi te le tante lacrime mare

e cu lluntana lu maletiempu e ogne forma te dulore.


Traduzione:

La terra mia…il sole, il mare e il vento.

 

Bella volle farti il Signore,

diversa e ricca di bellezze rare

e per mantenerti bella sempre più,

al sole di baciarti ogni mattina,

prima di tutte le altre terre, comandò.

 

Sulle onde del mare scrisse le armonie più belle,

che a terra ogni momento puoi sentire

dove il mare ruggisce e scatta forte

e porta canti e suoni dall’oriente.

 

Il vento di tramontana concertò come strumento,

 per farci scompigliare l'anima ed  il cuore,

per asciugarci gli occhi dalle tante lacrime amare

e allontanare il maltempo e ogni forma di dolore.