"LO SCAZZAMURIEDDHRU DELLA MASSERIA “ LA PAJARA”
Negli anni dal 1915 al 1921, il mio
bisnonno materno Carrozzo Giuseppe detto “Peppu” e la bisnonna Giannuzzi Lucia
presero in gestione una masseria nei pressi di Borgagne denominata “La Pajara”.
Il mio bisnonno era persona religiosa,
credente, praticante e colta per l’epoca, infatti, come pochi allora, sapeva
leggere e scrivere correttamente e dedicava molto del suo tempo libero per
insegnare ai ragazzi di Borgagne a leggere e scrivere oltre ad insegnare loro l’educazione
e le cosiddette “Cose di Dio”.
La mia bisnonna Lucia, persona distinta,
buona d’animo, dolce e priva di malizia, svolgeva con impegno e dedizione il
ruolo di mamma e i mestieri di casalinga.
Apprensiva verso i tre figli trascorreva
gran parte della giornata preparando abbondanti pietanze per i membri della sua
famiglia, per i lavoranti, per gli ospiti occasionali e per i ragazzini
provenienti dalle famiglie più povere del paese.
Per le sue doti umanitarie e altruistiche bisnonno
Peppu la chiamava scherzosamente e amorevolmente “Peppaciotta”.
Nel 1918 bisnonno Peppu fu chiamato alle
armi e dovette lasciare la moglie e i suoi tre figli per andare in guerra,
affidando tutte le responsabilità familiari e la conduzione della masseria a bisnonna
Lucia e al fratello minore.
Nella parte superiore della masseria,
raggiungibile attraverso una scala laterale, conviveva una famiglia di Calimera
con tanti figli alla quale erano affidate le incombenze giornaliere della
gestione, quali la coltivazione dei terreni, il pascolo e la mungitura degli
armenti, la pulizia delle stalle, la preparazione del fieno per i cavalli
ecc.ecc.
A bisnonna Lucia, spettava anche il
compito di provvedere alla trasformazione del latte prodotto in formaggio e
derivati.
La bisnonna, con le lacrime agli
occhi, raccontava a mia madre bambina, che in una delle tante fredde
serate invernali si recò, come faceva di solito, nella stanza a pianoterra dove
provvedeva alla trasformazione del latte. Mentre era intenta a riempire le
“fische” di vimini con il latte cagliato, si accorse che la luce prodotta dal
petrolio, posta alle sue spalle, cambiava di intensità.
Giratasi di scatto vide un piccolo ometto
con un cappello a punta e delle grandi orecchie, la testa pelosa e i piedi
scalzi che armeggiava vicino alla lampada a petrolio.
La bisnonna Lucia rimase immobile e
spaventata tanto da sentirsi pietrificata.
L’ometto dispettoso spense la lampada e al
buio della stanza cominciò a battere forte le mani e a ridere a crepapelle.
La bisnonna Lucia senti le gambe che non
la reggevano e, per lo spavento, si accasciò per terra.
Dopo qualche minuto si riprese dallo
spavento e iniziò ad urlare chiedendo aiuto.
Udite le urla, giunsero in suo aiuto le
persone che occupavano il piano superiore e mentre entravano nella stanza dove
la bisnonna Lucia piangeva, seduta per terra in un angolo, udirono distintamente
le porte sbattere più volte seguite da un verso simile ad una risata stridula e
ghignosa.
Ultimate in fretta le attività di
trasformazione del latte, con l’aiuto di tutti, bisnonna Lucia e gli
intervenuti, spaventati dall’accaduto, si ritirarono nelle proprie dimore.
Il mattino, di buonora, il figlio maggiore
della famiglia calimerese Brizio, si recò nella stalla per la pulizia e il
governo dei due cavalli murgesi, la mula Rosina e le due mucche, come faceva di
consueto.
Giunto davanti al portone fece per entrare
ma si accorse che mancava la grande chiave e che il buco della serratura era
ostruito con un ramo d’ulivo.
Liberata la serratura dal ramo, a Brizio
non fu comunque possibile accedere nella stalla perché la chiave, nonostante le
accurate ricerche, non venne mai trovata.
Brizio, stupito e impaurito per la sorte
degli animali si recò trafelato da bisnonna Lucia alla quale raccontò quanto
era successo.
Presi dallo sconforto, anche per quanto
era accaduto nella sera precedente, chiamarono le altre persone presenti nella
masseria e, armati di forche, zappe e bastoni, si recarono di buon passo verso
la stalla.
Ivi giunti, forzarono la serratura con
l’aiuto di una lama di ferro e un grosso martello e si precipitarono tutti
all’interno della stalla dove stranamente regnava il silenzio.
Lo stupore prese il sopravvento davanti
all’inspiegabile, i due cavalli murgesi avevano il manto lucido più del solito,
quasi abbagliante e le loro criniere e le code erano formate da decine e decine
di trecce fatte con pochi peli a loro volta riunite di una struttura
particolare che aveva del prodigioso.
La voce dei fatti accaduti si sparse ben
presto e dal vicino paese giunsero nella masseria tantissime persone curiose.
Per giorni e giorni i fatti narrati,
furono oggetto di discussione in tutte le case fino a giungere alle orecchie
del parroco del paese che, su invito della bisnonna Lucia, si recò presso la
masseria, dove impartì varie benedizioni alle persone, ai locali e agli
animali.
Alla bisnonna Lucia consegnò anche alcuni
santini da apporre sulle pareti della stalla a protezione degli animali.
Al rientro dalla guerra bisnonno Peppu,
venne informato dell’accaduto, ma come tanti altri pensò ad uno scherzo di
qualche buontempone o qualche “nemico” che voleva per sé la masseria, ormai ben
avviata.
Passarono dei mesi nei quali la vita nella
masseria, anche per la presenza di bisnonno Peppu, aveva ripreso nuovo vigore e
tutto sembrava scorrere nella normalità, finché una notte d’estate afosa e
appiccicosa, il bisnonno Peppu non potendo dormire, si sedette sulla soglia
della casa per giovarsi della frescura notturna.
Tra un rosario e una preghiera di
ringraziamento per la sorte favorevole e per il ritorno incolume in seno
alla famiglia dalla grande guerra,
aiutato dal chiarore della luna, si accorse che tra i fiori vicino il
pozzo si nascondeva qualcosa.
Incuriosito e memore dei racconti ebbe un
sussulto che lo spinse ad alzarsi in piedi e avviarsi a passo veloce verso il
pozzo dove fece un sopralluogo senza notare nulla di strano.
Ritornato sull’uscio dopo poco rientrò in
casa con il desiderio di dormire per qualche ora, ma il suo pensiero ritornava
sempre a quanto aveva visto vicino al pozzo e non riusciva a prendere sonno.
Dopo qualche minuto si alzò dal letto,
senza far rumore, e ritornò sull’uscio dove riprese a pregare.
Giunta l’alba, come accadeva tutti i
giorni, si recò insieme a Brizio nelle stalle per il governo dei cavalli, della
mula e per mungere le mucche.
Arrivati davanti al portone Brizio si
bloccò, e girandosi verso bisnonno disse: Ecculu ntorna! é turnatu lu
scazzamurieddhru dispettusu!
Bisnonno Peppu pensò subito a quanto aveva
visto nella notte vicino al pozzo e fu preso dallo sconforto.
Aperto il portone notarono che l’entrata
era ostruita dalla presenza di numerose balle di paglia poste in senso
longitudinale.
Bisnonno Peppu, iniziò a sciorinare
preghiere e implorazioni a Sant’Anastasio e Sant’Antonio a salvaguardia
dell’incolumità dei suoi animali.
Rimosse alcune balle si precipitarono di
corsa all’interno della stalla, dove notarono una situazione analoga a quanto
era accaduto in precedenza in quella fredda notte d’inverno. Il manto dei
cavalli era lucido e splendente, le criniere e le code erano state incredibilmente
intrecciate.
Nella stanza adibita a deposito, dove era
stipato il fieno, erano state disposte a piramide alcune balle fino a
raggiungere l’altezza di un piccolo lucernario utilizzato, molto probabilmente,
dallo scazzamurieddhru per la fuga.
Il giorno dopo fu informato il parroco del
paese il quale si recò nuovamente presso la masseria per le benedizioni di
rito.
Trascorsero alcuni anni, tra sparizioni di
oggetti vario genere e avvistamenti più o meno veritieri.
I fatti accaduti venivano, all’occasione,
rievocati per far calmare i capricci dei più piccoli o più semplicemente per
mandarli a dormire.
Nel 1921 resasi libera una masseria in
agro di Frassanito (Otranto), nei pressi dei Laghi Alimini, bisnonno Peppu
la prese a mezzadria e vi si trasferì.
Il giorno del trasferimento, caricate
tutte le masserizie sui carri si avviarono verso la masseria di Frassanito.
Strada facendo, arrivati nei pressi della
Masseria Specchiulla, bisnonna Lucia rivolta al bisnonno Peppu disse: Peppu!
tocca te dicu una cosa, dimme Peppaciotta mia, si cuntenta? Sine, su cuntenta,
sulu ca stanotte m’aggiu sunnatu lu scazzamurieddhru.
Bisnonno Peppu per consolarla gli disse:
nu te preoccupare ca te giurnu li scazzamurieddrhi nu caminane…ma da sotto le
masserizie ammucchiate sul carro, si udii una sarcastica risata e una vocina stridula
che ripeteva: “Te la luce me stau riparatu…sutta sutta allu stangatu...ca tra nu
picchi, puru gheu alla casa noa su rriatu!!!!!”.
E fu così che il dispettoso
scazzamurieddhru si trasferì nella nuova dimora.
(Dai racconti di mia madre Briano Eva,
nipote prediletta di Nonno Peppu e nonna Lucia.)
(Nella foto i miei bisnonni Giuseppe e Lucia e i loro tre figli Davide, Adamo e nonna Vittoria)
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